Sicilia Rurale

Rischio desertificazione, per scongiurarlo il governo regionale adotta un piano

(di Redazione) Per oltre metà della superficie la Sicilia è ad alto rischio desertificazione. In particolare, le “aree critiche” rappresentano oltre la metà dell’intera regione (56,7 per cento) e un altro terzo (35,8 per cento) è classificato come “fragile”. I principali fenomeni di degrado in Sicilia sono legati all’erosione e alla salinizzazione dei suoli, all’aridità e siccità e all’impatto delle attività antropiche.

La cosa era già nota agli esperti, in particolare agli agronomi che per anni hanno lanciato messaggi di allarme inascoltati. Da ieri, proprio in occasione dell’apposita Giornata mondiale contro la desertificazione – istituita dalle Nazioni Unite e che si celebra ogni anno il 17 giugno – il problema è entrato ufficialmente tra le priorità dell’amministrazione regionale che tra le prime Regioni italiane si è dotata di un Piano per la lotta al fenomeno. Il governo Musumeci ha, infatti, approvato il documento predisposto dall’Autorità regionale idrica grazie al contributo di un comitato tecnico-scientifico formato dai rappresentanti dei quattro atenei dell’Isola e degli ordini professionali interessati.

«Pur essendo la Sicilia la Regione più a rischio nel Paese – evidenzia il governatore Nello Musumeci – non esisteva ancora un Piano strategico per la lotta alla desertificazione. Lo abbiamo redatto con l’obiettivo, finalmente, di compiere un passo deciso in questa direzione. Si tratta di un nuovo strumento di pianificazione, dopo quelli per l’acqua, per l’aria, per i rifiuti, per la bonifica delle aree inquinate, che il governo regionale ha realizzato in questo primo anno e mezzo di mandato. Senza una programmazione, infatti, non è possibile attivare le azioni utili e necessarie per risolvere i problemi». 

Nello studio le zone più a rischio pari al 56,7 % della superficie dell’Isola sono suddivise in: “meno critiche” (identificate come C1) pari al 17,7 per cento; “mediamente critiche” (C2) con il 35 per cento; “maggiormente critiche” (C3) con il 4 per cento dell’intera superficie dell’Isola.

Con il Piano approvato dalla giunta di governo viene adottata una strategia che delinea una governance unitaria di coordinamento e integrazione delle azioni nei vari settori d’intervento, anche nella programmazione delle risorse finanziarie a valere sui fondi regionali, statali e comunitari.

Il documento definisce un sistema di azioni che interessa i settori prioritari del comparto agricolo, forestale, delle risorse idriche, dell’assetto del territorio e dei rischi idrogeologici.

Le azioni di maggior rilievo che verranno messe in campo – in un periodo che va dal breve a medio e lungo termine – sono quelle relative al contrasto dei fenomeni erosivi, prevedendo interventi di forestazione e di manutenzione del territorio. Altri opere rilevanti sono quelle relative al miglioramento della gestione delle risorse agricole e quelle mirate alla riduzione dell’impatto delle attività antropiche e all’attuazione di pratiche di sviluppo sostenibile

Con questa logica è stata prevista anche l’istituzione di un gruppo di coordinamento inter-assessoriale coordinato dall’Autorità idrica della Sicilia. Inoltre il Piano mira al coinvolgimento degli attori sociali direttamente interessati, prevedendo al riguardo la definizione e l’attivazione di idonei processi di partecipazione pubblica.

In particolare, hanno collaborato alla stesura del testo, oltre al segretario dell’Autorità di Bacino del distretto idrografico della Sicilia Franco Greco e al direttore della Struttura commissariale per la lotta contro il dissesto idrogeologico Maurizio Croce: il direttore del dipartimento di Ingegneria civile, ambientale, aerospaziale e dei materiali dell’Università di Palermo Goffredo La Loggia; Giuseppe Tito Aronica, docente di Costruzioni idrauliche, marittime e idrologia del dipartimento di Ingegneria dell’Università di Catania; la professoressa Carla Lucia Faraci, associato di Idraulica dell’università di Messina; il docente di Costruzioni idrauliche, marittime e idrologia della Kore di Enna Gabriele Freni; il presidente regionale della Consulta degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori Giuseppe Falzea; il presidente regionale dell’Ordine dei geologi Giuseppe Collura; Vincenzo De Blasi in rappresentanza dell’Ordine dei biologi; Salvatore Alecci dell’Ordine degli ingegneri; il Presidente del Consiglio della Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e Forestali della Sicilia, Baldassare Zinnanti; il consigliere della Federazione nazionale dell’Ordine dei chimici e dei fisici Daniela Maria Aita; il docente dell’Università di Palermo Aurelio Angelini.

«Il piano regionale per la lotta alla desertificazione è frutto di una mozione del gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle all’Ars che lo scorso 5 marzo ha impegnato il governo in quella direzione», fa notare la deputata regionale del Movimento 5 Stelle Valentina Palmeri, vice presidente della commissione ambiente e prima firmataria della mozione.

«Ovviamente – sottolinea Palmeri – non ci interessa la paternità di un atto di assoluto buon senso, ma sarebbe stato opportuno fare un accenno al lavoro che è partito dal parlamento. Allo stesso modo è necessario un impegno da parte di tutti noi cittadini per combattere un fenomeno che può essere arrestato anche con le nostre buone pratiche, oltre che con investimenti pubblici e atti politici concreti e decisi a tutela dell’ambiente».

Secondo dati  ufficiali, la nostra regione è a livello europeo il territorio più esposto al fenomeno della desertificazione. Tra le cause – spiega la deputata – anche anche le cattive tecniche agronomiche, l’uso di pesticidi, di fertilizzanti di sintesi, le eccessive specializzazioni agrarie. «Ecco perché – conclude Palmeri – è importante che la Sicilia metta in campo strumenti normativi e programmatori dell’agricoltura, ad esempio il Piano di Sviluppo Rurale Psr, che siano capaci di incentivare scambi commerciali a breve distanza e filiere corte, che possano avvantaggiare le pratiche zootecniche estensive piuttosto che i grandi allevamenti intensivi, che possano incentivare la riconversione del trasporto con motorizzazioni elettriche e prevedano interventi di miglioramento ed incremento della Rete Natura 2000».

© Riproduzione Riservata