Sicilia Rurale

Latte, Coldiretti: “In 10 anni chiusa una stalla su due, sos formaggi”

Con una stalla italiana su due che nell’ultimo decennio ha chiuso i battenti, garantire un prezzo equo del latte significa salvare gli allevatori e, con loro, un patrimonio dell’agroalimentare Made in Italy che vanta ben 56 formaggi a denominazione di origine Dop e Igp e ben 503 specialità tradizionali regionali. E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini in occasione dell’inaugurazione della Mostra Nazionale del Bovino da latte promossa da Anafibj nell’ambito della Fiera agricola e Zootecnica di Montichiari con il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli.

 

Nella più importante manifestazione italiana a livello internazionale dedicata all’allevamento è stato aperto dalla Coldiretti il caveau  dei formaggi a rischio scomparsa, con le più originali specialità provenienti da tutte le regioni. Dalla tuma dell’Oregge piemontese al Puzzone di Moena trentino, dal Caciocavallo della Murgia in Puglia alla Caciotta amiatina della Toscana, dal Formaggio al Prosecco Doc veneto al Pecorino di Picinisco del Lazio, dalla Rosa Camuna lombarda alla Vastedda del Belice fino al Caizolu sardo, sono solo alcuni esempi delle specialità esposte nello spazio della Coldiretti al Padiglione a rappresentare un tesoro inestimabile non solo dal punto di vista economico ma anche in termini di presidio del territorio dall’abbandono e difesa della biodiversità.

 

Un patrimonio che consente all’Italia di raggiungere il record storico nelle esportazioni di formaggio grazie ad una aumento del 13% o che se il trend sarà mantenuto consentirà all’Italia di superare il valore di 3,5 miliardi nel 2021, secondo le proiezioni Coldiretti su dati Istat. Un record che riguarda anche le vendite in Francia dove la crescita è del 14% e i cugini d’oltralpe hanno addirittura acquistato quest’anno più mozzarella che camembert. L’Italia batte dunque la Francia in una sfida che – ricorda la Coldiretti – ha radici lontane se Charles De Gaulle si chiedeva come fosse possibile governare un Paese che ha più formaggi che giorni nel calendario.

I formaggi Made in Italy più esportati sono purtroppo anche quelli più taroccati nel mondo dove le imitazioni del Parmigiano reggiano e del Grana Padano hanno superato addirittura i prodotti originali, dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al parmesan, canadese e australiano e statunitense. Ma in tutti i continenti – continua la Coldiretti – sono diffuse brutte copie di tutti i principali formaggi italiani, dal provolone del Wisconsin alla mozzarella russa fino al pecorino con il latte di mucca che se fossero seriamente contrastate farebbe moltiplicare le esportazioni italiane.

Il successo del made in Italy è però oggi messo a rischio dal fatto che nel giro dell’ultimo decennio le stalle da latte in Italia sono quasi dimezzate da 50mila a 26mila, con effetti irreversibili sull’occupazione, sull’economia, sull’ambiente con il venir meno di una attività di presidio indispensabile contro il degrado. Quando una stalla chiude – ricorda la Coldiretti – si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado. In gioco c’è il futuro di un settore che vale 16 miliardi con 100mila occupati e – continua la Coldiretti – produce ogni anno oltre 12 milioni di tonnellate di litri di latte di mucca, dai quali nascono alcune delle specialità Made in Italy più note, ma anche veri e propri tesori della biodiversità molti dei quali salvati grazie alla rete dei mercati contadini di Campagna Amica.

“A causa del rilevante aumento dei costi di produzione e del rincaro delle materie prime e dei foraggi, le imprese di allevamento da latte sono allo stremo con compensi ormai da troppo tempo al di sotto dei costi di produzione e serve subito un patto di filiera tra allevatori, industrie e distribuzione per salvare il latte e le stalle italiane” conclude il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “e’ necessario che nei contratti di fornitura fra le industrie di trasformazione e gli allevatori siano concordati compensi equi che coprano almeno i costi per evitare il rischio di chiusura, come previsto dalla recente direttiva approvata dal Consiglio dei Ministri per combattere le pratiche sleali che abbiamo fortemente sostenuto”.

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