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I pani votivi di S. Giuseppe: le tradizioni del 19 Marzo
di Annalisa Ciprì

Questo giorno coincide con l’arrivo della Primavera, stagione durante la quale la natura si risveglia. Già anticamente era tradizione, in questo periodo, preparare dei pani dalle forme richiamanti la “natura”, per propiziarsi fertilità e abbondanza.

Il pane votivo di San Giuseppe è una tradizione molto antica e sentita in Sicilia, realizzato con elaborate decorazioni ed intagli artistici. In origine veniva preparato con l‘ausilio del crescente, ovvero una sorta di pasta madre di recupero, e con lo strutto. Ad oggi esistono tante varianti.

A Palermo, ancora oggi i fornai realizzano per la festa dei panini con semi di finocchio da consumare dopo essere stati benedetti. In diversi comuni dell’Isola, i pani votivi sono molto elaborati perché utilizzati per decorare gli altari e le tipiche “cene di San Giuseppe”, una tradizione culturale mai dimenticata.

Nei tempi antichi si facevano le “promissioni”, cioè si chiedeva al Santo di “fargli la grazia” e si prometteva in cambio di realizzare in suo onore un altare votivo addobbato con i pani decorativi.

Questa tradizione ancora sopravvive in molti comuni siciliani. A Salemi e Chiusa Sclafani, per esempio, gli altari e il pane votivo di San Giuseppe sono una tradizione mai dimenticata.

A Salemi, per le strade vengono create delle vere e proprie cappelle votive, decorate con pani, fiori, piante e animali che sono i simboli principali di questa festa. Il pane benedetto non si mangia ma si conserva. In casa, invece, si costruiscono veri e propri altari dove vi si appendono i pani e si decorano con ramoscelli di alloro e “murtidda“, nonché arance e limoni freschi. L’altare include un quadro con la Sacra Famiglia e, tutto intorno, si dispongono mensole con tovaglie bianche. Tra gli oggetti simbolici che si includono, vi sono brocche con il vino, lumini e vasi con pesciolini rossi.

A Chiusa Sclafani, tale pane costituisce una specialità per il suo impasto e per la svariate forme. Già nel 1890 fu inserito nel Catalogo illustrato della Mostra Etnografica Siciliana di Giuseppe Pitré. Un maestoso ‘cucciddatu’, del peso di 12 kg e diametro di un metro e mezzo, insieme ad altri 32 pani, vennero portati da Lo Cascio-Mangano di Chiusa Sclafani all’Esposizione Universale di Palermo.

Non si parla solo di un bene alimentare ma si tratta di un autentico capolavoro di arte plastica che assume anche una funzione apotropaica e protettiva per gli abitanti della comunità. La lavorazione e i segreti del pane vengono tramandate da secoli di madre in figlia. Le sue forme geometriche attingono alle simbologie astrali o iconografiche greco-romane e giudaico-cristiane.

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