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Giornata Mondiale dei Cereali: i grani antichi siciliani
di Annalisa Ciprì

Con il termine cereale si intende ogni pianta erbacea, appartenente alla famiglia delle Graminaceeche produce semi amidacei, farinosi definiti cariossidi ma comunemente, e in modo improprio, chiamati “semi o chicchi” dalla cui macinazione si ottiene la farina.

Grano, mais, avena, orzo, farro, le loro farine e gli alimenti da loro derivati (pane, pasta, riso) hanno un ruolo fondamentale nell’alimentazione poiché apportano all’organismo i carboidrati, la fonte principale di energia. Contengono vitamina B e minerali, oltre a piccole quantità di proteine e vari amminoacidi, inoltre sono un’importante fonte di fibre.

I cereali di più largo consumo (in Italia) sono il frumento (anche il kamut), il mais, l’orzo, il riso, il farro (anche la spelta) e la segale, mentre avena, sorgo e miglio vengono utilizzati prevalentemente nell’alimentazione del bestiame. Il consumo di questi, definiti ‘cereali poveri‘, sta aumentando notevolmente negli ultimi anni perché considerati di alto valore nutrizionale.

I cereali meno utilizzati sono quelli impiegati nelle colture di popolazioni minori o isolane, ad esempio il teff e il riso selvaggio.

Si fa rientrare a questa categoria anche il grano saraceno che però non è considerato del tutto un cereale, perché estraneo alla famiglia delle Graminacee. Appartiene alla famiglia delle Poligonacee

Al gruppo degli pseudo cereali, invece, appartengono anche altre piante, come l’amaranto, la quinoa, la canapa e la chia.

LA PRODUZIONE

In Italia la produzione cerealicola raccolta si attesta a oltre 169 milioni di quintali, su una superficie coltivata superiore a 3 milioni di ettari. Il mais è il cereale più coltivato (oltre 83 milioni di quintali prodotti) e, con il 40,7 % di superficie investita, rappresenta quasi la metà della produzione cerealicola italiana. Seguono, in termini di produzione alla raccolta, il frumento duro (più di 39 milioni quintali) e il frumento tenero (31 milioni quintali).

Nel Mezzogiorno e in Sicilia, in particolare, il comparto cerealicolo risulta largamente esteso e con notevoli quantità di produzioni.

IN SICILIA

Sentiamo parlare, sempre più frequentemente, di grani antichi siciliani. Si tratta di una serie di 52 varietà di grani duri e non, che si afferma siano autoctoni della Sicilia. L’adattamento al territorio e al clima nel quale si sono evolute ne rende facile la coltivazione senza dover ricorrere all’uso di pesticidi, erbicidi, concimi chimici, con un impatto ambientale nullo.

La Sicilia presenta una vasta selezione di grani autoctoni, quali Tumminia, Russello, Senatore Cappelli, Perciasacchi e Maiorca.

Tumminia o Timilia. Si tratta di un grano duro, usato soprattutto nella produzione di pane, pasta e prodotti da forno. E’ una varietà molto antica, risale addirittura ai Greci ed è presente soprattutto nell’entroterra siciliano. Il suo periodo di semina è a marzo e la raccolta avviene nei mesi estivi. Presenta colore scuro ed è ad alta digeribilità, elevato valore proteico e a ridotto contenuto di glutine.

Russello. Anche questo è tipico delle zone più interne della Sicilia e, per la sua durezza, è usato nella produzione di prodotti da forno, pane e pasta, che risultano essere particolarmente digeribili e saporiti, anche dopo diversi giorni.

Senatore Cappelli. E’ forse la varietà più nota in assoluto. Curiosa la sua origine, abbastanza recente: fu infatti inventato solo un secolo fa dal genetista Nazareno Strampelli, chiamato a risolvere il grande problema di come sfamare il popolo italiano.

Perciasacchi. In dialetto significa buca sacchi, si tratta di una varietà di frumento dalla particolare forma appuntita che bucava i sacchi di juta dove era conservato. E’ perfetto per i prodotti da forno salati e per la pasta, ha un colore dorato ed è particolarmente indicato nelle diete povere di glutine.

Maiorca. E’ il grano antico siciliano per eccellenza, utilizzato prevalentemente per la preparazione dei dolci. Frumento tenero, dal colore bianco e dalle proprietà molto nutrienti, è davvero molto alto, le spighe infatti possono sfiorare i 180 cm.

Per molti anni questa tradizione non ha avuto molta fortuna perché considerata poco redditizia. Solo oggi una maggiore consapevolezza del consumatore ha fatto si che se ne tornasse a parlare. E’ stato dimostrato che la farina ottenuta dai chicchi di questi grani è in grado di migliorare il nostro benessere a tavola e di arricchire le nostre pietanze con importanti elementi nutritivi ottimi per la salute. Questo uno dei tanti motivi per cui il grano antico è migliore di quello moderno.

Dall’altro lato, l’aumento del prezzo del grano moderno e il basso prezzo dei prodotti fatti con grani antichi potrebbe spingere ancor di più le vecchie colture sul mercato.

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