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Bombe d’acqua e siccità, la Sicilia dell’agricoltura tra due fuochi
di redazione siciliarurale

Non basteranno di certo le incessanti piogge di maggio per scardinare l’emergenza idrica in Sicilia. Nel corso di questa stagione, gli agricoltori siciliani rischiano una doppia piaga: oltre che la continua battaglia alla siccità, il maltempo delle scorse settimane ha distrutto buona parte dei raccolti stagionali, mandando in frantumi un’intera annata.

La speranza è sicuramente quella di poter approfittare dell’ultima grande affluenza di acqua per cercare di arginare (almeno in parte) le criticità. Le prospettive non sono delle più rosee dando un’occhiata ai dati del “Rapporto Siccità 2022”, diffusi dall’Autorità di Bacino del Distretto Idrografico della Sicilia, dai quali emergono dei segnali chiari e preoccupanti. La capacità degli invasi siciliani è di 950 milioni di metri cubi di acqua ma al momento ne contengono più di 370 milioni. Cifre emblematiche, che assumono tuttavia maggiore rilevanza con una proiezione percentuale: gli invasi sono vuoti per oltre il 60%. L’Autorità di Bacino sottolinea come la capienza delle dighe sia ridotta per il 30% da sabbia e detriti. Servirebbero, quindi, delle importanti opera di bonifica, ferma però da anni.

A sottolineare il grande paradosso dell’acqua in Sicilia è stato anche Tonino Russo, segretario generale della Flai Cgil Sicilia: “Quasi tutti gli invasi che sono interrati o non collaudati non contengono tutta la capienza idrica che dovrebbero. Spesso l’acqua che viene raccolta arrivata ad un certo livello viene buttata. Per alcuni territori è un vero e proprio spreco“.

Da anni la richiesta è quella di intervenire su uno dei settori più spinosi: quello delle reti idriche. “In Sicilia – dichiara Russo – il 50% dell’acqua, e in alcuni territori anche il 60%, lo perdiamo perché le reti idriche sono vecchie e fatiscenti. Abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere che con il Pnrr si possano realizzare nuove reti o ammodernare quelle già esistenti, digitalizzarle in modo da monitorare quando ci sono dei guasti“. Ma i fondi sono ormai persi. Tutti i 31 progetti presentati sono stati bocciati perché non rientrano nei parametri e nei criteri dei bandi. “Abbiamo perso 450mln di euro dei fondi Pnrr. Il Governo ci ha rassicurato che verranno ripresi con altri fondi. Il 40% del territorio ancora non è servito da reti idriche. Il tema dell’acqua – conclude – è centrale e i governi dovrebbero occuparsene“.

Puntando i riflettori sui dati al primo di maggio sul prospetto dei volumi invasati nelle dighe, i trend sembrano confermarsi. Anche se gli invasi del territorio continuano a guadagnare acqua, rispetto allo scorso mese, crescendo lievemente del 3%, dopo l’11% al primo di aprile, a confronto con lo stesso periodo del 2022 permane un gap del 16%. 18 dei totali 29 invasi hanno chiuso in rosso, perdendo rispetto ad un anno fa 95,09 mmc. A pesare maggiormente sono sicuramente i dati negativi di alcune dighe come quelle di Ogliastro (-14,71), Poma (-13,51), Pozzillo (-49,16) e Rosamarina (-19,39).

In attesa di vedere quanto effettivamente le piogge di maggio incideranno sui nuovi rapporti, il punto da cui ripartire è però un altro: riammodernare invasi vecchi, abbandonati a sé, e ripartire con azioni di bonifica mirate.

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