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Agrumi, grandi malati dell’agricoltura siciliana. Il Distretto incontra l’assessore
di Angela Sciortino

Bandiera agrumi

(di Angela Sciortino) Siccità, Tristeza, mal secco e prezzi irrisori hanno messo in ginocchio il comprato agrumicolo siciliano. Il quadro a tinte fosche è stato esposto oggi all’assessore all’agricoltura Edy Bandiera durante l’incontro con una delegazione del Distretto Agrumi di Sicilia. All’assessore è stato anche proposto un piano di azioni da mettere immediatamente in cantiere e dal costo contenuto. «Ma – afferma Federica Argentati, presidente del Distretto Agrumi di Sicilia – a queste azioni bisogna affiancare il supporto di politiche strutturali di più lungo periodo per le quali occorre fare pressione a livello nazionale e comunitario. Non c’è tempo da perdere, bisogna muoversi in fretta». Le proposte sono tutte in un corposo documento in cui il Distretto mette in testa la necessità di «fare valere la condizione di insularità, attivarsi per un decreto sulla tracciabilità in etichetta del prodotto trasformato, spingere politicamente per un Piano nazionale di settore in cui la Sicilia sia capofila, maggiori barriere fitosanitarie per i prodotti importati, una maggiore formazione alla cooperazione, un piano di comunicazione istituzionale per sostenere le produzioni di eccellenza e in generale la creazione di un marchio di Qualità Sicura Sicilia per le produzioni che non rientrano nelle Dop e Igp».
A rappresentare il grave stato di salute dell’agrumicoltura siciliana ieri c’erano tutti i maggiori rappresentanti del comparto. Oltre a Federica Argentati, presidente del Distretto Agrumi di Sicilia, presenti le strutture socie con Giuseppe Pasciuta, presidente del Consorzio di tutela dell’Arancia di Ribera Dop, Fabio Moschella, presidente del Consorzio di tutela Limone di Siracusa Igp, Giovanni Selvaggi, presidente del Consorzio di tutela dell’Arancia Rossa di Sicilia Igp, Attilio Interdonato, presidente del Consorzio di tutela del limone Interdonato Igp, Giovanni D’Agati, presidente del Consorzio il Tardivo di Ciaculli; Gaetano Mancini, presidente di Confcooperatve Sicilia; Giuseppe Di Silvestro, presidente Cia Sicilia Orientale; Renato Maugeri, presidente dell’Associazione Limone dell’Etna e gli imprenditori Ivan Mazzamuto (Op Agrisicilia), Salvatore Imbesi (Agrumigel e Ortogel), Salvatore Pannitteri (Op Rosaria), Enzo Leonardi (Op Red Cop), Vincenzo Sisinna (produttore).
Il primo problema da affrontare sono i prezzi troppo bassi riconosciuti ai produttori. A causa della siccità, nelle zone delle arance pigmentate, almeno per il 60 per cento dei frutti ha calibro medio-piccolo, poco appetibile sul mercato del fresco della Gdo e mal pagato dagli operatori della trasformazione industriale. Il Distretto ha chiesto all’assessore di investire immediatamente fondi regionali per la comunicazione delle produzioni Dop, Igp e biologico al consumo sia fresco sia trasformato con l’organizzazione di una campagna istituzionale sui media e su web con tecniche di marketing territoriale e turismo relazionale Integrato. Pure d’aiuto sarebbe la veloce approvazione dei progetti di comunicazione e marketing di riferimento del bando 3.2 del Psr Sicilia e l’incentivazione dell’uso di spremiagrumi automatiche nelle scuole, negli ospedali, nella Gdo, così da incrementare l’impiego di agrumi di piccola e media pezzatura.
All’assessore è stato chiesto anche di supportare gli Accordi di filiera quadro siglati dalle Organizzazioni di Categoria, dal Distretto Agrumi e dall’Assessorato con aggiunta di contratti tra privati tra le parti (soprattutto tra OP e trasformazione industriale) in grado di individuare quantità, qualità e prezzi del prodotto oggetto dell’accordo.
Non è poi secondario il tema della messa in sicurezza del patrimonio agrumicolo siciliano. Su questo fronte anche la Cia nazionale, dopo avere già prodotto documenti che provano la gravità della situazione con ripercussioni preoccupanti sui livelli occupazionali, anche dell’indotto, e sull’economia agricola delle imprese a forte rischio, è tornata alla carica e ha chiesto al ministro Maurizio Martina “di fare presto”. La risposta del Ministro è arrivata: giovedì 11 gennaio si terrà a Roma il Tavolo nazionale del settore agrumicolo. Ma di problemi di ampio respiro non si parlerà: la nota del ministero precisa che «la riunione è stata convocata per un confronto sull’andamento del mercato nazionale, sulle prospettive di breve e medio periodo e per condividere nuove azioni di contrasto alla crisi del settore». All’incontro parteciperanno i rappresentanti delle Regioni, delle organizzazioni agricole e delle organizzazioni dei produttori oltre alla grande distribuzione.
Degli agrumeti colpiti dalla Tristeza, dunque, il Ministero per ora preferisce non parlare. Ma è un tema sempre caldo e costituisce uno dei punti del documento del Distretto. «Vanno accelerati i tempi e affrontato in via definitiva il problema della ristrutturazione degli agrumeti colpiti da Tristeza virus e mal secco – afferma Federica Argentati – sostenendo gli imprenditori agricoli con aiuti per l’espianto e l’impianto e mancato reddito, aldilà dei fondi già previsti dall’attuale programma comunitario, con interventi di riordino della fase vivaistica a garanzia di prodotti di moltiplicazione virus esenti». E mentre su questo problema l’assessore Bandiera ai nostri microfoni ha già manifestato il suo pensiero ed esposto le azioni immediate del nuovo governo regionale, Simona Vicari, deputato nazionale, ricorda: «Nei scorsi mesi in Commissione agricoltura avevo richiesto, con urgenza, il tempestivo intervento del governo affinchè gli oltre 45 mila ettari destinati alla coltivazione di agrumeti in Sicilia e colpiti dal devastante virus Citrus Tristeza venissero messi in sicurezza con un piano di intervento straordinario ma purtroppo, nonostante anche l’attenzione di alcune trasmissioni televisive nazionali, non ho mai ricevuto risposta. Anche alla luce del carattere urgente delle misure da intraprendere ho poi presentato alla legge di bilancio due emendamenti che proponevano, da una parte, l’istituzione di un fondo di 5 milioni di euro per il triennio 2018-2020 per fronteggiare i danni causati dal virus e, dall’altra, un ulteriore stanziamento di 200 mila euro per finanziare la ricerca delle cause e quindi dei rimedi di questa epidemia ma anche in questo caso governo e maggioranza hanno preferito dare priorità ad altro».

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